Ululone dal ventre giallo

Gli studi condotti dal MuSe negli anni 2017 - 2018

Ululone dal ventre giallo

Nell'aspetto simile a un rospetto, l'ululone dal ventre giallo è un anfibio che non supera i 4-5 cm di lunghezza. Deve il suo nome all'inconfondibile richiamo che i maschi, durante il periodo riproduttivo, emettono per attirare le femmine e alla vivace colorazione del ventre, giallo a macchie nere. Quando minacciato, l'ululone inarca la schiena e mette in mostra questa livrea così appariscente, avvertendo i possibili predatori della sua tossicità. Come una vera e propria impronta digitale, la disposizione delle macchie ventrali permette inoltre di distinguere i singoli individui.

Come tanti altri anfibi del nostro continente, l'ululone dal ventre giallo è una specie in declino in gran parte d'Europa, dove la scomparsa degli ambienti umidi ne ostacola la riproduzione e quindi la sopravvivenza. La presenza della specie richiede l'istituzione di Zone Speciali di Conservazione e una protezione rigorosa (la specie è infatti inserita negli Allegati II e IV della Direttiva "Habitat" 92/43/CE e nell'Appendice II della Convenzione di Berna). L'ululone è elencato anche nella Lista Rossa della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), che raccoglie le indicazioni sullo stato di conservazione e sul rischio di estinzione delle specie.

Studio e monitoraggio dell'ululone dal ventre giallo nel Parco Naturale Locale Monte Baldo

La presenza dell'ululone dal ventre giallo nel Parco Naturale Locale Monte Baldo è legata prevalentemente alle pozze d'alpeggio.

Nel 2017, il MUSE, ha avviato delle attività di monitoraggio su incarico del Parco, e attività di studio e di ricerca, allo scopo di:

  • valutare la distribuzione e lo stato di conservazione della specie;
  • sviluppare un protocollo di monitoraggio applicabile nel lungo periodo e utile a valutare i trend demografici delle popolazioni;
  • identificare eventuali infestazioni da chitridiomicosi, una parassitosi fungina che colpisce la "pelle" degli anfibi e che oggi è considerata tra la cause del loro declino;
  • individuare gli elementi naturali e artificiali presenti sul territorio che permetterebbero, attraverso piccoli interventi di ripristino e/o una corretta gestione, di aumentare la disponibilità di habitat riproduttivi presenti, favorendo la diffusione e la conservazione dell'ululone nel Parco.

Primi risultati delle ricerche

Nel 2017, la presenza della specie è stata rilevata in 9 siti su 30 osservati: 7 pozze d'alpeggio, un laghetto semi-interrato e un laghetto da pesca. In due siti di presenza, ritenuti di particolare interesse, sono stati eseguiti studi più approfonditi basati sul metodo della cattura-marcatura-ricattura degli ululoni: la tecnica, che si affida al riconoscimento degli individui tramite il disegno ventrale delle macchie, permette di stimare il numero di animali presenti e, se applicato su più anni, di valutare l'andamento demografico delle singole popolazioni. Le catture effettuate nei due siti sono state 135, per un totale di 88 individui effettivi. Ciascun animale catturato è stato caratterizzato per sesso e sottoposto alla misurazione del peso e della lunghezza, informazioni utili a valutare la struttura e lo stato di salute delle popolazioni. I rilievi di parametri ambientali hanno infine permesso di individuare eventuali elementi in grado di influenzare la distribuzione e l'abbondanza delle popolazioni, evidenziando punti di forza e criticità.

Le indagini hanno inoltre rivelato come 18 siti artificiali, rappresentati principalmente da vasche e pozze destinate all'abbeverata del bestiame, possano svolgere la funzione di siti riproduttivi o di collegamento, se sottoposti a piccoli interventi di ripristino: dalla creazione di rampe di risalita interne ed esterne per le vasche d'abbeverata, che favoriscono l'ingresso e l'uscita degli anfibi, allo scavo delle pozze ormai interrate per rendere nuovamente disponibili delle zone sommerse.

Nel 2018 l'attività si concentrerà su 16 pozze d'alpeggio. Sarà applicato il metodo dei conteggi ripetuti in tutti i siti selezionati, che consiste nel rilevare il numero di individui avvistati, senza effettuarne la cattura, ed è ripetuto, negli stessi siti, per 4 volte in giornate diverse e il più possibile ravvicinate. In 3 siti sarà inoltre applicato il metodo della cattura-marcatura-ricattura. Gli animali catturati, oltre ad essere caratterizzati per sesso, peso e lunghezza saranno sottoposti al prelievo di campioni biologici utili a identificare, eventuali infestazioni da chitridiomicosi. Il prelievo è del tutto innocuo per l'animale ed è effettuato passando un tampone sulla cute. Conoscenze sulla presenza/assenza del parassita in provincia e dell'entità di eventuali infestazioni è di fondamentale importanza per la corretta gestione e conservazione della specie.

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